giovedì 2 novembre 2017

G come Giorgia


Metti che nasci e sei una bambina sana, sanissima. Talmente sana che passi metà della tua giornata a saltare come una cavalletta. I tuoi genitori decidono quindi di portarti nella palestra della tua città a Sesto San Giovanni e proprio lì, in mezzo a cerchi e nastri colorati, scopri finalmente chi sei. 

Una ginnasta.

Da quel momento ti alleni più che puoi e, se possibile, ti diverti anche di più. Ti scopri a fare spaccate e capriole ogni minuto libero della tua giornata di studentessa, questo fino al giorno in cui avverti uno strano doloretto a una gamba. All'inizio quasi non ci fai caso, nel tuo sport qualche acciacco è la prassi, ma quella fitta proprio non scompare e all'improvviso saltare diventa molto più complicato. Passano visite e accertamenti fino a che i medici mozzano il respiro di quei genitori tanto orgogliosi di vederti esibire, e lo fanno con una sola parola: osteosarcoma.

Non c'è quasi il tempo di spiegare cosa quella parola significhi che con i tuoi soli sette anni di età subito ti ritrovi a fare i conti con gli aghi della chemioterapia ed esami dolorosi e invasivi. I mesi scorrono lenti fino alla peggiore delle conclusioni: il tumore alle ossa che ha spento il sorriso tuo e della tua famiglia non vuole darvi tregua e un giorno si porta via anche la tua gamba. 

Lo spazio lasciato da quella mancanza lo occupano tutte le cose che, sembra chiaro a tutti, non potrai mai più fare. Correre, giocare a nascondino, saltare la corda nel cortile della scuola. Piccole cose, come i puntini da unire per formare un disegno, grande come la felicità e quella palestra che non puoi più frequentare.

Gli adulti che ti circondano ti offrono spunti e alternative, sport e attività che si addicano di più alla tua nuova condizione. Ma tu sei testarda. E così torni in palestra, i tubicini delle medicine ancora attaccati al corpo. Torni, anche se sai che non sarà per niente facile e in effetti non lo è per tanto tempo. Fino a quando, quasi per caso, ti riesce un esercizio che non provavi da mesi. 

Con quell'unica gamba rimasta a tenere in piedi tutta la tua vita ti sollevi in una verticale improvvisata ed è lì che tutti intorno a te capiscono ciò che tu hai sempre avuto dentro. Il senso profondo di chi sa di avere ancora qualcosa, che ha a che fare con quella parte che ti spingerà sempre a lottare per restare te stessa. 

E tu, te lo ricordi benissimo, sei una Ginnasta. 

Proprio così, senza una gamba ma con la lettera maiuscola.


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