giovedì 3 dicembre 2015

Perché scrivo quel che scrivo...

L'amo con passione la vita, mi spiego?

Sono troppo convinta che la vita sia bella anche quando è brutta
che nascere sia il miracolo dei miracoli,
vivere: il regalo dei regali. 

Anche se si tratta di un regalo molto complicato, molto faticoso, a volte doloroso.

(Oriana Fallaci - 'Lettera a un bambino mai nato')

[CREDIT - Marcus Møller Bitsch]

Quando ho iniziato a scrivere questo blog l'ho fatto per una ragione precisa. Volevo raccontare delle storie. Che parlassero di persone disabili che avevano realizzato qualcosa di grande. Che sapessero dare il meglio di sé stessi in ogni circostanza della loro vita. Anche, nonostante e insieme alla loro disabilità.

Mi sono domandata spesso e volentieri quanto fosse giusto e lecito raccontare soltanto le storie positive di una condizione che in realtà è il più delle volte fatica, dolore e gran sofferenza. Se non fosse ingiusto e perfino un po' qualunquistico soffermarsi solo sulle storie a lieto fine. Quasi uno smacco a chi il lieto fine non sa nemmeno di che colore sia. Non riesce a immaginarlo e men che meno a sperarlo.

Vi confesso che è un dubbio che mi accompagna ancora oggi e spunta vivo e pungente ogni volta che scrivo un post, pubblico una foto o racconto una storia che mi piace. Ma lo ignoro ogni volta. E pubblico comunque tutte le mie storie.

Lo faccio perché quando avevo sedici, diciassette o forse diciotto anni, ho letto per caso la storia di una donna che faceva immersioni subacquee con la sua sedia a rotelle. E quella storia mi ha proprio cambiato la vita.

Ricordo di aver strappato la pagina di quel giornale. Di averla tagliata malamente dalla rivista, appiccicata in giro, sgualcita nel diario e poi di averla persa durante un trasloco. Ma non l'ho mai dimenticata. 

In uno sprazzo di lucidità adolescenziale ho pensato che, forse, di storie come la sua ne avrei potute trovare tante altre. Che se lei poteva fare una cosa tanto grande, allora anche io avrei potuto fare quello che volevo. Qualunque cosa fosse, l'avrei potuta fare. 

Se lei può, allora posso anch'io

Ecco.

Ecco perché racconto le storie che racconto. Ecco perché nei miei racconti tralascio una fetta di sofferenza per raccontare tanto di quel che invece viene dopo. Che è la soddisfazione di avercela fatta, in un modo o nell'altro.

Lo faccio perché segretamente spero che da qualche parte ci sia un adolescente che somigli un po' a quella ragazza di sedici, diciassette o forse diciotto anni.

Che sia disabile o che non lo sia. 

Che abbia addosso il male di vivere della giovinezza. 

Che passi dal riso al pianto nel tempo di una canzone. 

Che sappia cosa non vuole dalla vita.

Ma che non abbia ancora capito cos'è che vuole da sé stesso.

Che sia un'adolescente come tutti insomma. 

Lo faccio perché segretamente spero che legga per caso anche solo una di queste storie e che gli cambi un pochino la vita. 

Lo faccio perché - non tanto segretamente - spero che arrivi a pensare 'Se lei/lui può, allora posso anch'io'. 

2 commenti:

  1. ...e io mi e ti auguro che tu non smetta mai, perchè le tue storie sono sempre belle e sicuramente aiutano tantissime persone. Grazie, di cuore
    LuluCuomo

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